Un viaggio all’interno della Distribuzione Moderna, in grado di coinvolgere e attrarre sempre più giovani risorse anche grazie all‘attenzione rivolta alle tematiche di inclusività lavorativa: aspetti sempre più decisivi nella scelta del luogo di lavoro.
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Un luogo di lavoro in cui potersi realizzare, grazie a una leadership inclusiva, dove welfare e capacità di valorizzare il talento, anche attraverso percorsi formativi ben strutturati, viaggiano di pari passo. Oggi noi della Distribuzione Moderna ci sentiamo così. E siamo entusiasti di poter condividere sempre più questa vocazione anche attraverso i dati occupazionali che crescono nel tempo: quelli dei lavoratori più giovani, ma anche quelli dell’occupazione femminile, che tradizionalmente caratterizza il nostro settore.

Da uno studio svolto da PwC, infatti, emerge un dato evidente: a fronte dei 220.000 addetti complessivi del settore, il 60% è rappresentato da lavoratrici, di cui il 33% in ruoli dirigenziali e il 40% quadri. Il 20% degli occupati ha meno di 30 anni e il 58% ha un’età compresa tra i 30 e i 50 anni. Numeri che sono in controtendenza rispetto alla media nazionale, soprattutto per quel che riguarda l’occupazione femminile, che in Italia si attesta intorno al 50% (dati Istat). Come osserva Francesco Seghezzi, sociologo del lavoro e Direttore Generale e Coordinatore scientifico della Fondazione ADAPT, infatti, «esiste una propensione storica dell’occupazione delle donne nei servizi e la Distribuzione Moderna ha avuto un ruolo molto importante in questo senso e questo sicuramente implica anche una responsabilità maggiore in termini di welfare e di strategie HR volte a politiche di conciliazioni efficaci, che devono rispondere anche a sfide impegnative: adottando soluzioni innovative di gestione del capitale umano».

IL 60% DEGLI ADDETTI

è rappresentato da lavoratrici, il 33% in ruoli dirigenziali e il 40% quadri

Ma quali sono le ragioni per le quali il nostro comparto, in Italia, rappresenta uno dei luoghi naturali in cui approda il talento giovanile?

«Quello che è fondamentale – osserva Francesco Seghezzi, – è avere un chiaro percorso di crescita e un chiaro percorso formativo, attraverso i quali rendere evidenti gli obiettivi e come fare per raggiungerli, ma anche condizioni salariali e di qualità del lavoro verso le quali gli “under 30” si dimostrano particolarmente sensibili e piani di formazione e di crescita personale, aventi come obiettivo anche quello di toccare punti non propriamente tipici delle mansioni del lavoratore, ma che un giovane potrebbe essere comunque interessato ad apprendere. Certamente una grande realtà come quella della Distribuzione Moderna è in grado di mettere in campo, facendo economia di scala, politiche efficaci di questo tipo».

Un’altra delle principali ragioni è legata alla percezione della Distribuzione Moderna come una realtà inclusiva: secondo la recente ricerca “Inclusione lavorativa: sfide e opportunità nella Distribuzione Moderna Organizzata” di ALTIS Graduate School of Sustainable Manangement, volta ad analizzare lo “stato dell’arte” dell’inclusione nel settore, quasi il 63% dei dipendenti del settore si dichiara d’accordo nel definire la propria azienda come “un ambiente inclusivo” e il 75% ritiene “il proprio ambiente lavorativo un luogo “safe”, in cui sentirsi liberi e avere la possibilità di proporre nuove idee e soluzioni al proprio responsabile, concordi nella visione della propria realtà di lavoro come caratterizzata da una leadership inclusiva.

Il quadro che emerge da questa analisi traccia le ragioni per cui sempre più giovani occupati scelgono il settore della Distribuzione Moderna, nel quale trovano molti degli elementi verso cui mostrano particolare sensibilità. Infatti, «l’importanza dell’inclusione non si limita solo ai dipendenti attuali, ma si estende anche ai potenziali nuovi talenti che desiderano lavorare per un’azienda. I giovani sono sempre più consapevoli dell’importanza di un contesto organizzativo che valorizzi la diversità, promuova l’equità, offra un ambiente accogliente per tutti i dipendenti e in cui ogni individuo possa sentirsi apprezzato, rispettato e valorizzato».

A sostenerlo è la Dott.ssa Maria Cristina Zaccone, assegnista di ricerca in Economia Aziendale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano che ha curato la citata ricerca; inoltre – continua la stessa – «molteplici sono le iniziative in grado di promuovere l’inclusione in azienda. Ad esempio, una realtà aziendale potrebbe somministrare dei questionari con lo scopo di includere le opinioni dei dipendenti nei processi decisionali. Anche la creazione di un’apposita piattaforma digitale dedicata alla condivisione di idee, suggerimenti e proposte può favorire un dialogo aperto e inclusivo tra i dipendenti e il vertice aziendale. Questo genere di iniziative favorisce la partecipazione attiva di tutti i collaboratori, indipendentemente dalla posizione gerarchica, creando uno spazio in cui tutte le idee possono essere ascoltate e valorizzate. Ma l’inclusione – aggiunge – può essere promossa anche attraverso altre modalità d’intervento: ad esempio grazie all’implementazione di programmi di tutoraggio in cui i dipendenti più anziani condividono le loro competenze e l’esperienza con i colleghi più giovani. Questo favorisce la creazione di una cultura di apprendimento e sviluppo, in cui ogni dipendente ha l’opportunità di crescere professionalmente e sentirsi valorizzato».

Infine, la Dott.ssa Zaccone conclude sottolineando l’importanza crescente di un elemento complementare a quello dell’inclusione, ovvero l’esercizio di una leadership inclusiva: «non è sufficiente implementare soltanto iniziative di inclusione, altrettanto importante è esercitare una leadership concretamente inclusiva. Coloro che ricoprono cariche apicali devono essere in grado di coinvolgere, valorizzare e rispettare le diverse prospettive dei collaboratori, creando un ambiente di lavoro sicuro in cui ciascuno si senta libero di esprimersi senza timore di essere giudicato o discriminato. Questo tipo di leadership promuove l’apertura al confronto e alla diversità di pensiero, incoraggiando la collaborazione e la partecipazione attiva di tutti i membri dell’organizzazione».

Dalla ricerca di ALTIS emergono anche le due principali sfide per le aziende della Distribuzione Moderna. Una sul fronte dell’organizzazione aziendale: occorre non solo adottare una molteplicità di iniziative di inclusione ma anche dar vita a una struttura organizzativa dedicata alla gestione e al monitoraggio di tali attività per renderle sempre più efficaci.

L’IMPORTANZA DELL’INCLUSIONE NON SI LIMITA SOLO AI DIPENDENTI ATTUALI, MA SI ESTENDE ANCHE AI POTENZIALI NUOVI TALENTI

L’altra sfida riguarda la comunicazione, sia interna che esterna: serve un ulteriore sforzo per comprendere come valorizzare i progetti avviati per favorire una maggiore consapevolezza dell’impegno aziendale sul tema, sia verso i propri collaboratori, sia verso la clientela, per la quale il tema dell’inclusione è un fattore determinante nelle proprie scelte e consigli d’acquisto.

L’inclusione deve continuare ad essere una concreta vocazione aziendale, una visione culturale lungimirante attraverso cui favorire le condizioni (o quantomeno rimuovere gli ostacoli) affinché l’ambiente di lavoro possa e debba sempre di più assomigliare ad una patria senza bandiere: un luogo sicuro, motivante e non giudicante, in cui la risorsa possa realizzare le proprie aspirazioni e crescere umanamente e professionalmente.

È un modello win-win: soddisfa reciprocamente l’azienda e le sue persone, che si sentiranno sempre più motivate e coinvolte e in grado di esprimersi al meglio.

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