La Colletta Alimentare, certo. Ma anche Siticibo, la “spesa sospesa”… E un esercito di volontari che lavora ogni giorno, dentro e fuori i punti vendita della distribuzione. Così la nostra collaborazione con realtà come il Banco Alimentare aiuta a recuperare ogni anno migliaia di tonnellate di cibo. Per dare una mano a chi ha bisogno.
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Si può partire da lì, da Pesaro. E dal telefono con cui ogni mattina Antonio Costantini, 73 anni, pensionato, coordina turni e lavoro dei 24 volontari del Banco Alimentare che girano per i punti vendita della zona. «Dal lunedì al sabato supermercati e “giro forni”, tre volte alla settimana le mense aziendali». Si raccoglie il cibo che rischia di essere sprecato, perché è rimasto invenduto o è troppo vicino alla scadenza. Lo si porta in magazzino. E poi lo si regala alle associazioni che aiutano i bisognosi. «Come quella di suor Consolata, una ultraottantenne che ha l’energia di una ragazzina e ha dedicato la vita agli ultimi», racconta Antonio: «Ha messo in piedi un centro di aiuto alle ragazze madri, ospita i profughi ucraini… E quando ci vede, ci accoglie come se arrivasse la provvidenza». Ma la stessa cosa succede tutti i giorni a Milano e Bologna, a Napoli e Torino… E in centinaia di città italiane, dove il Banco Alimentare e la Distribuzione Moderna sono alleate in una battaglia importante: quella contro lo spreco.

-12%

cibo sprecato

Nel 2022 sono andate perse 4 milioni di tonnellate di cibo, il 12% in meno dell’anno prima

21

associazioni

Banco Alimentare è una realtà radicata sul territorio, coordinando una rete di 21 associazioni locali

140mila

volontari

La Colletta Alimentare ogni anno,
a novembre, coinvolge 140mila volontari e 11mila punti vendita italiani

Non è un fenomeno che riguarda solo il cibo, ma quando si parla di generi alimentari, colpisce di più. Perché è un fattore che rimanda in maniera immediata alla povertà, in aumento in Italia dopo la pandemia. E perché i numeri, in questo caso, sono enormi.

Secondo i dati dell’Osservatorio Waste Watcher, diffusi per l’ultima Giornata Nazionale di prevenzione dello spreco alimentare (il 5 febbraio), nel 2022 nel nostro Paese abbiamo buttato via 4 milioni di tonnellate di cibo, per un controvalore di 9 miliardi di euro. È il 12% in meno dell’anno prima, ma restano pur sempre cifre impressionanti (che, peraltro, l’Agenda Onu chiede di dimezzare entro il 2030). E se è vero che l’invenduto nella Distribuzione Moderna incide solo per l’8% (lo spreco avviene lungo tutta la catena, nella produzione, trasformazione, ristorazione e, soprattutto, nell’ambito domestico delle nostre case, dopo l’acquisto), noi della filiera distributiva ci sentiamo in prima linea in un’azione che richiede impegno costante e alleanze strategiche.

Proprio come quella con la Fondazione Banco Alimentare Onlus che coordina una rete di 21 organizzazioni accomunate da una missione semplice, ma importantissima: recuperare il cibo che rischia di essere buttato (dalle mense, dai ristoranti, dalle aziende e, appunto, dai punti vendita) e girarlo a una platea di 7.600 realtà convenzionate che aiutano i poveri e chi ha bisogno.

Nato nel 1989 e sviluppatosi grazie anche ad un’intuizione condivisa tra don Luigi Giussani (il fondatore di CL) e Danilo Fossati, storico patron della Star, il Banco Alimentare poggia tuttora in gran parte su una fitta rete di volontari, come Antonio e i suoi amici di Pesaro. Il suo lavoro è conosciuto in tutta Italia anche grazie a un’iniziativa che ormai è diventata imponente, e dà un’immagine quasi plastica di quanto questo tema sia importante non solo per gli addetti ai lavori, ma per il Paese intero. È la Colletta Alimentare, il grande gesto benefico che ogni anno, a novembre, coinvolge 140mila volontari e 11mila punti vendita italiani. Durante la giornata si chiede a chi va a fare la spesa di comprare scatolame, pasta, alimenti non deperibili e via dicendo, che il Banco farà avere a chi ha bisogno. L’anno scorso si è tenuta l’edizione numero 26: sono state raccolte 6.700 tonnellate di cibo, donate da 4.800.000 persone. Cibo che attraverso le associazioni, parrocchie e realtà assistenziali, ha finito per aiutare un milione e 600mila poveri. Un mare di bene in cui i nostri punti vendita, con la loro presenza, giocano un ruolo decisivo.

La Colletta alimentare è l’apice di una collaborazione attiva tutto l’anno

La Colletta Alimentare, però, è solo l’apice di una collaborazione attiva tutto l’anno. Anzitutto attraverso Siticibo, l’iniziativa nata, di fatto, con la Legge 105/2003 (la “Legge del Buon Samaritano”, prima regolamentazione del recupero delle eccedenze alimentari, poi ripresa nella “Legge Gadda” del 2016). Un accordo tra Fondazione Banco Alimentare e molte realtà della Distribuzione Moderna che permette di raccogliere nei punti vendita gli alimenti in scadenza (ma ancora buoni, ovviamente) o con qualche difetto di confezionamento. Operazione che si affianca alle tante altre iniziative che soprattutto le grandi catene hanno in corso per tagliare gli sprechi e recuperare efficienza. Dalle ceste con i prodotti venduti al 50% a ridosso della scadenza, agli accordi con realtà come Last Minute Market o l’app Too Good To Go, che rimette in circolo l’invenduto a prezzi ribassati (12,5 milioni di di Magic Box salvate da quando è iniziata l’attività in Italia), a progetti informativi come Etichetta consapevole, per educare alla lettura adeguata delle scadenze. Per tutte queste strade il cibo, invece di finire nel ciclo dei rifiuti, ottiene una seconda vita entrando in un circuito virtuoso. Le quantità? Enormi: «solo nel caso del Banco Alimentare, siamo oltre le 22.000 tonnellate l’anno. Per i nostri punti vendita significa recupero di efficienza. Ma per noi che ci lavoriamo, vuol dire ancora di più».

grazie a voi, donare è sempre possibile

Basta scorrere le testimonianze che lo stesso Banco Alimentare raccoglie di continuo sul proprio sito. Ci trovi storie come quella di Cristina, che da 12 anni gira in furgone i paesini di Val Venosta e Val Passiria per distribuire alle associazioni le eccedenze dei supermercati e panifici della zona. O di Alessandro, che all’altro capo d’Italia, a Foggia, mettendo in fila i pacchi che arrivano dai negozi lavora anche al suo reinserimento nella società, dopo dieci anni di carcere. Oppure, ancora, di Riccardo, signore friulano che dopo essere stato aiutato per anni da un’associazione assistita dal Banco, un sabato si è presentato per diventare a sua volta volontario, «parcé che cumò al tocje a me!», perché adesso tocca a me. E molte altre storie, in tutto il nostro Paese.

Ma tra le tante storie che parlano di volontari, ne spuntano altre che dicono quanto pure noi che lavoriamo nella Distribuzione finiamo spesso per coinvolgerci. Prendete Gualdo Tadino, Umbria. «Qui la pandemia ha impoverito tanta gente», raccontava qualche mese fa a una rivista Maximiliano, il titolare di un supermercato in centro: «Eppure il carrello per il Banco Alimentare era, ed è, sempre pieno». Grazie a una raccolta permanente, fatta su misura per chi ha bisogno con un carrello lasciato all’ingresso. Allo stesso giornale Gessica, una delle cassiere, spiegava perché a quel carrello per il Banco ci tiene tantissimo: «Perché tempo fa anche io ero in difficoltà. E in famiglia siamo stati aiutati». Al punto che suo fratello, che lavora in un altro supermercato, ha contribuito a far partire un recupero del fresco, «vedendo le persone che frugavano nei cassonetti».

Sono tanti i punti vendita in cui si è partiti con lo slogan “recuperiamo le eccedenze” e poi c’è stata «una specie di adozione reciproca, per cui i proprietari e i lavoratori del negozio hanno iniziato a fare i volontari», racconta Giuliana Malaguti, responsabile comunicazione per la Fondazione Banco Alimentare. E cita gli esempi: il punto vendita di Pavia, quello della periferia di Palermo, il supermercato toscano… Come se sotto ci fosse un passaparola, un telefono senza fili che allarga e al tempo stesso approfondisce l’idea originaria. «È una dinamica semplice, ma efficace», aggiunge Malaguti: «Vedi succedere certe cose, e si genera un’emulazione positiva». Qualcosa che aiuta a capire come dietro tutto il lavoro di recupero, la logistica e gli scatoloni di cibo «ci sono relazioni e rapporti: è un sostegno reale alla comunità e al tessuto sociale». Ecco, il nostro ruolo arriva fin lì.

6.700 TONNELLATE​

Quantità di cibo raccolta con la Colletta alimentare 2022,
donata da 4.800.000 persone

Lo conferma Caterina Ruggieri, responsabile di Siticibo in Banco Alimentare Lazio (che raccoglie alimenti da un’ottantina di punti vendita nella regione). «La differenza vera la fa la sensibilità delle persone che ci lavorano. Noi li ringraziamo sempre, perché la fatica più grande la fanno loro». In che senso? «Sarebbe più facile buttare tutto che mettersi lì a controllare i prodotti uno per uno e dire questo sì, questo no … In un certo senso, sono volontari anche loro: fanno qualcosa che non è mica dovuto dal contratto». E spesso lo fanno con una consapevolezza tale di quanto valga questo lavoro per gli altri, per la società, che sono loro a chiederlo. «A Viterbo c’è un punto vendita che ci ha chiamato: Dovete venire da noi sei giorni su sette, una volta a settimana è troppo poco. Ad Aprilia, la settimana scorsa, lo stesso…».

Siticibo ha compiuto vent’anni proprio nel 2023. Vittore Mescia, Responsabile operation del Banco, dice che «rimane il canale di sviluppo più dinamico e con maggiori prospettive di crescita: ha registrato quasi un +300% negli ultimi anni. Durante la pandemia aveva rallentato, per evidenti problematiche operative: ma nel 2022 è ripartito».

Eppure non è l’unico perno della collaborazione. Paradossalmente, proprio il Covid ha finito per dare una spinta alla creatività e a tante iniziative. E se il progetto “Life – Food Waste Stand Up”, programma triennale che ha messo insieme Federdistribuzione, Banco Alimentare, Federalimentare e Unione Consumatori, si è concluso  prima della pandemia, nei mesi successivi sono nate tante iniziative più piccole come dimensioni, ma altrettanto significative per il valore sociale, e in cui noi ci siamo ritrovati in prima fila. Il gruppo di manager nel farmaceutico che crea un sito per spingere la raccolta di alimenti nelle proprie aziende, coinvolgendo un direttore di un grande supermercato. Il pastore della Chiesa Battista piemontese che mette in piedi un servizio di accoglienza per 160 persone, appoggiandosi al Banco e ai punti vendita della zona.

Fino ai supermercati di Chieti, dove il bisogno ha fatto nascere un’idea: adattare alla spesa il “caffè sospeso”, l’antica – e bellissima – tradizione che si vive nei bar di Napoli. Chi entra, se vuole e se può, oltre al suo conto paga qualcosa in più. Serve a chi verrà dopo e non può permettersi la spesa. Ma alla fine, se ci pensiamo, fa bene a tutti.

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